200mila abilitati rimasti fuori dal piano di assunzioni della Buona Scuola: la Sentenza resa dalla Cassazione il 15 Maggio 2016 va applicata anche ai docenti precari ed al personale Ata: avranno il diritto al risarcimento del danno nella misura di dodici mensilità della retribuzione quale sanzione per l’abusivo utilizzo del contratto a termine.
Siamo in attesa della pubblicazione della sentenza da parte dei giudici della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale dell’abuso dei contratti a termine del personale della scuola. Questione discussa il 17 Maggio 2016.
La notizia interessa tutti i 200mila abilitati rimasti fuori dal piano di assunzioni della Buona Scuola. Rientrano i questo folto gruppo i 55mila diplomati magistrali, circa 20mila abilitati con Tfa e 60mila Pas, più diverse migliaia di abilitati con i corsi di Scienze della formazione primaria dopo il 2011.
Sotto il profilo prettamente costituzionale l’esclusione di tali categorie di personale sopra evidenziate vìola palesemente sia l’art. 3 che l’art. 97 della Costituzione, in quanto a parità di titolo risulta irragionevole e discriminante l’esclusione dalle assunzioni di una categoria avente requisiti perfettamente equivalenti alle altre.
Intanto, nelle more del provvedimento, è significativo rievocare quanto statuito dalla Cassazione al riguardo:
“Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto a tempo determinato da parte della P.A. il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego ha diritto al risarcimento del danno”.
Nella sentenza della Cassazione è riportata la misura del risarcimento a favore dei precari del pubblico impiego: si va da un minimo di due volte e mezzo l’importo dell’ultima busta paga fino ad un massimo di 12 mensilità. L’indennizzo del dipendente pubblico è dovuto in misura pari a quello di chi lavora nel privato e si basa sul presupposto che, prestando servizio da precario, il lavoratore non ha potuto sfruttare altre opportunità lavorative che, peraltro, avrebbero potuto assicurargli anche una situazione professionale ed economica migliore.
Statuizioni importanti, queste, che dispongono, in favore degli interessati, somme totali prossime ai 30.000 euro.
Questo, nella sostanza, quanto statuito anche nelle recenti sentenze rese dai Fori di Monza, Latina, Pordenone, Nola, Cremona, Rimini, Cuneo, Arezzo, Avezzano, Piacenza, Genova
I provvedimenti richiamano ampiamente il contenuto della sentenza resa il 26.11.2014 dalla Corte di Giustizia Europea, facendo propri i suoi contenuti. La Cgue, con la citata sentenza aveva dichiarato che la normativa italiana sul conferimento delle supplenze per la copertura di posti vacanti (art.4 L 124/1999) si poneva in contrasto con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 70/1999. Tale clausola 5, applicabile secondo la CGUE anche al lavoro pubblico nel settore scolastico, espressamente prevede che, al fine di prevenire gli abusi derivanti da una successione di contratti e/o rapporti a tempo determinato, “gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi ed in modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: q) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti”.
Nella determinazione della misura dell’indennità risarcitoria, ha attuato il recentissimo orientamento espresso con sentenza 5072 del 15.03.2016 dalle Sezioni Unite della Cassazione, che ritiene applicarsi la misura di cui all’art.32 comma 5 Legge n.183 del 2010 (tra 2,5 e 12 mensilità).
Il nostro studio ha già avviato con successo i primi ricorsi diretti al ristoro del danno patito. Avanzeremo domanda al Giudice del Lavoro competente per territorio dietro produzione documentale dei certificati storici di servizio atti a comprovare la reiterazione illegittima del rapporto a termine.
Non solo. Stiamo analizzando tutte le vie legali percorribili, da applicare in tutela dei lavoratori, in seguito alle risoluzioni legali che verranno rese all’attesa pronunzia della Consulta.
Per informazioni sulle modalità di adesione: studiolegale.fasano@alice.it