(pillole di diritto a cura dell’avv. Angela Maria Fasano con breve intervista)
Le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione. Per gli alunni, la regolare frequenza della scuola paritaria costituisce assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Il riconoscimento della parità garantisce:
- l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti
- le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato
- l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore legale delle scuole statali.
Le scuole non paritarie, invece, sono sempre di natura privata, e sono iscritte in elenchi regionali aggiornati ogni anno, reperibili sul sito internet dell’Ufficio scolastico regionale competente per territorio.
La regolare frequenza della scuola non paritaria da parte degli alunni costituisce assolvimento dell’obbligo di istruzione, ma esse non possono rilasciare titoli di studio aventi valore legale né attestati intermedi o finali con valore di certificazione legale.
Pertanto gli studenti devono sostenere un esame di idoneità al termine di ogni percorso scolastico oppure se vogliono trasferirsi in una scuola statale o paritaria.
La differenza sopra riportata tra istituti paritari ed istituti non paritari è di precipuo valore normativo per i docenti che oggi, del tutto legittimamente, invocano il riconoscimento del loro punteggio ai fini della mobilità e della ricostruzione di carriera.
Invero, se sussiste una chiara equiparazione normativa tra istituti statali e istituti paritari e tale equiparazione si riflette sul percorso formativo degli alunni appare, quindi, di lapalissiana evidenza che tale equiparazione DEVE OBBLIGATORIAMENTE essere applicata a tutti i docenti che hanno formato, con percorsi di eccellenza, studenti che oggi frequentano le classi superiori. Se si nega la formazione del docente allora stessa cosa vale per l’alunno che esso ha formato.
Quanto anzi detto – e si grida al MIUR che oggi fa orecchie da mercante – presenta certa fonte normativa.
La disciplina giuridica applicabile al caso de quo, infatti, è il principio di equiparazione fra l’insegnamento prestato in scuole pubbliche o statali e quello prestato presso le scuole private paritarie ai fini della mobilità territoriale di cui all’art. 2 comma 2 del D.L. n. 255/2001 del 3 luglio 2001 che così recita: “i servizi di insegnamento prestati dal 1 settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000 n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali.
Quanto precede, in una parola la “parità”, a seguito di un espresso riconoscimento – a mezzo decreto – ad opera del (MIUR), previo accertamento dell’originario possesso e della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità (comma 4), fra i quali la presenza di personale docente fornito del titolo di abilitazione (elemento questo sconosciuto dallo stesso Giudicante il quale pone la propria motivazione anche in relazione al difetto, o meglio al presunto difetto, di titolo abilitativo in seno alla ricorrente).
Pertanto, la Legge n. 62/2000 ha introdotto nell’ordinamento giuridico e nel sistema nazionale di istruzione – come espressamente denominato – il principio di equiparazione fra l’insegnamento prestato in scuole pubbliche o statali e quello prestato presso le scuole private paritarie.
Punto. Non ci sono altre vie da percorrere. Diritto al riconoscimento.
Il dato normativo non lascia libere interpretazioni fornite dagli USR o ATP che oggi cercano solo ed esclusivamente di coprire gli strafalcioni giuridici del MIUR.
Non resta, quindi, che chiedere al legale che da anni si occupa di diritto degli istituti paritari le ragioni di tale negazione.
- Avvocato Fasano, perché il MIUR si ostina a negare il riconoscimento nonostante il dato normativo che invece riconosce pari diritto?
La risposta purtroppo si fonda unicamente su basi economiche che non possono – è bene che il MIUR lo rammenti – comprimere i diritti del singolo cittadino come ha di recente stabilito la Corte di Giustizia. Riconoscere a tutti i docenti delle paritarie i diritti che lo Stato oggi individua in chi ha svolto il pre ruolo nello Stato significherebbe – in termini di bilancio statale – determinare uno grossa uscita pubblica.
Quindi, il MIUR sa benissimo che la pretesa è la stessa e che i docenti delle paritarie vantano I MEDESIMI diritti dei colleghi statali, soltanto che del tutto illegittimamente lo nega, per salvare le tasche dello Stato.
- Ma in uno Stato di diritto ciò è possibile?
Certo. A quante violazioni assistiamo ogni giorno in Italia? Si vìolano i diritti umani del singolo, figuriamoci quelli lavorativi e di credito. Una porcheria in termini giuridici senza precedenti.
- Per negare un diritto ci dovrebbe essere una motivazione evidente, quale adotta oggi lo Stato contro i docenti delle paritarie?
Nessuna motivazione oggi legittima la negazione. Lo Stato sta applicando una condotta avulsa da ogni logica motivazione. Nei giudizi che sto patrocinando in tutta la penisola la difesa del MIUR attacca sempre con la solita storia: i docenti delle paritarie sono meno preparati dei docenti statali. E a me sale il sangue in testa!
- In che senso?
Nel senso che il MIUR oltre ad essere veramente offensivo nei propri atti di costituzione dimostra – tramite i propri dirigenti o l’avvocatura – di presentarsi in udienza IMPREPARATO. Una ignoranza gravissima che non può essere applicata da legali che operano nello Stato e dovrebbero conoscere la normativa A MEMORIA.
Si dimentica, infatti, che i docenti delle paritarie sono abilitati e che presentano identica posizione curriculare dei docenti statali. Infatti, molti di questi sono i docenti immessi in ruolo nello statale con il piano straordinario di assunzioni ex legge 107/2015. Se gli avvocati del MIUR sostengono la minore preparazione, cadono in errore e applicano una difesa flebile. La ragione: TU STATO non puoi dire che i docenti delle paritarie sono meno preparati e poi li assumi. Perché cadi in contraddizione.
- Ci sono altre contraddizioni?
Certo. quello stesso servizio che oggi non viene riconosciuto nella mobilità e nella ricostruzione di carriera, lo era interamente nelle Graduatorie ad Esaurimento ed stato considerato nel concorso 2016. Ora, è importante considerare, che nel momento in cui i docenti delle paritarie sono entrati circuito delle scuole statali, il servizio di insegnamento prestato nelle scuole paritarie private gli è stato riconosciuto pienamente dall’Ufficio Scolastico Provinciale nell’ambito delle graduatorie ad esaurimento (GAE) per il ruolo e per le nomine a tempo determinato. Ragion per cui non si vedono le motivazioni che spingono il MIUR oggi a negarlo. Delle due l’una!
- E quindi? Cosa fare contro un sopruso del genere?
Fare valere i propri diritti. Ad oggi sono tantissimi i Tribunali del lavoro che hanno accolto la nostra tesi del pieno riconoscimento fondando la propria valutazione sulla seguente motivazione: “I servizi di insegnamento prestati dal 1 settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000 n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali” Non possono residuare dubbi quindi l’illegittimità con riguardo alle molteplici disposizioni normative sopra richiamate in materia di parità scolastica, della contestata disposizione di CCNI che esclude qualsiasi attribuzione di punteggio, in sede di mobilità, per il servizio di insegnamento svolto negli istituti paritari. Peraltro, diversamente opinando, si perverrebbe ad una interpretazione della vigente normativa senz’altro contraria ai principi di uguaglianza e di imparzialità della PA (art. 3 e 97 costituzione), non essendovi ragione per discriminare si in sede di mobilità che ai fini della ricostruzione di carriera tra servizi aventi per legge la medesima dignità e le medesime caratteristiche”.
Anche il TAR Lazio di recente su nostro ricorso ha evidenziato l’illegittimità con ordinanza del 11 luglio 2018.
- Quindi, ricapitolando quali sono i presupposti per il riconoscimento?
Se il MIUR ha reso valore legale a tale servizio prima dell’immissione in ruolo, lo stesso valore legale deve essere riconosciuto, sia ai fini della mobilità territoriale, sia ai fini della ricostruzione di carriera.
E’ evidente che il servizio, ai fini del punteggio intero per la mobilità, deve essere riconosciuto in presenza dei requisiti essenziali, tutti documentalmente provati. Ed infatti il servizio:
- Deve essere stato svolto con il titolo richiesto dall’ordinamento a far data dall’anno 2000.
- Deve essere assoggettato ai contributi previdenziali e assicurativi tranne i casi di esenzione.
- Deve essere svolto presso una scuola paritarie.
Il docente quali anni può far valere ai fini del riconoscimento.
Tutti. Tutti quelli che lo stesso ha svolto dal 2000 fino alla definitiva immissione in ruolo. Legalmente non c’è nessuna differenza.
Avvocato Fasano, come conclude questa intervista?
Con una piccola lezione di diritto al MIUR e a tutti i suoi funzionari periferici. Mi chiedo del tutto legittimamente: che senso ha determinare una procedura di mobilità legata all’anzianità di servizio e poi assegnare punti (e posti) in base alla provenienza statale/non statale? Nulla ha insegnato la storica sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 novembre 2014?.
Migliaia di docenti, quindi, ai fini della mobilità e della ricostruzione di carriera, non possono ricevere un trattamento che, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, risulti meno favorevole rispetto a quello riservato agli altri lavoratori docenti.
I docenti del pre ruolo paritario, ai fini della mobilità e della ricostruzione di carriera, non possono ricevere un trattamento che, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, risulti meno favorevole di quello riservato al riguardo agli altri lavoratori docenti. Scuola statale e scuola paritaria presentano pari dignità ai fini del corretto attribuzione del punteggio per la mobilità territoriale e per la ricostruzione di carriera.
In questo caso infatti i servizi di insegnamento prestati nelle scuole paritarie di cui alla Legge 10 marzo 2000 n. 62), devono essere valutati, ai fini delle graduatorie di mobilità e della ricostruzione di carriera, nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 2° del D.L. n. 255/2001 che ha previsto testualmente quanto segue: “I servizi di insegnamento prestati dal 1°settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla Legge 10 marzo 2000 n. 62, sono valutabili nella misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali”.
Né, al fine di escludere la valutazione del servizio di cui trattasi, si potrebbe fondatamente valorizzare (come spesso evidenzia la difesa del MIUR) il riferimento operato dagli artt. 360 comma 6 e 485 del D.Lgs. n. 297/94 al riconoscimento “agli effetti della carriera” del servizio di ruolo o pre-ruolo svolto dal personale docente presso le scuole secondarie gareggiate, essendo del tutto evidente che la disposizione, che utilizza una terminologia giuridica all’epoca adottata per indicare gli istituti scolastici privati oggetto di equiparazione giuridica a quelli statali, oggi non possa che trovare applicazione nei confronti delle scuole paritarie.
Pertanto, la disposizione di cui alle “Note comuni” allegate al CCNI per la mobilità del personale docente per l’a.s. 2016/17 dev’essere disapplicata, con affermazione del diritto al riconoscimento, sia ai fini della ricostruzione della carriera che nella graduatoria di mobilità per l’a.s. 2017/2018 nonché per quelle successive, del servizio d’insegnamento svolto presso la scuola primaria paritaria e alla relativa valutazione nella suddetta graduatoria, con condanna dell’amministrazione resistente all’attribuzione del relativo punteggio.
Questo è quello che chiediamo e questo è quello che, prima o poi, otterremo per tutti i nostri ricorrenti.
Perché è una lunga battaglia dove, alla fine, trionferà la giustizia. Non importa quando e come. Alla fine tutti i docenti del pre ruolo potranno finalmente avvalersi di un diritto negatogli per troppi anni a causa di condotte certamente censurabili dal punto di vista giuridico e morale.